Non
è stato un concerto nel vero senso della parola ma quasi una sessione
di prove con pubblico, quella che Il Castello di Atlante ha tenuto venerdi'
18 marzo al Palkettostage di Busto Arsizio.
Sarà stata sicuramente una casualità, ma il 18 marzo è
caduto proprio di venerdì, il giorno della settimana in cui il gruppo
vercellese solitamente si riunisce a provare i pezzi e ad affinare l'intesa.
Il Castello si è esibito di fronte ad una cinquantina di spettatori
con il dichiarato intento di riscaldare i muscoli in vista dell'impegnativa
trasferta che il giorno 30 marzo li avrebbe visti fra i protagonisti del
famosissimo festival messicano Baja Prog, un appuntamento ormai fisso del
panorama progressivo mondiale.
I cinque sono guidati sul palco da un effervescente Paolo Ferrarotti in
versione Franz Di Cioccio o, come lui preferirebbe, Phil Collins poiché
spesso si stacca dai piatti e dai rullanti per intrattenere il pubblico
ed introdurre il significato dei brani.
La scaletta ha riprodotto fedelmente il set che il gruppo ha preparato per
il Messico e la scelta, a mio parere molto ben oculata, è caduta
esclusivamente sul materiale tratto dal primo album "Sono io il signore
delle terre a Nord" e dal più recente "Quintessenza"
con la sola eccezione di "Primo respiro" dal penultimo "Come
il seguitare delle stagioni".
Ottima l'apertura con "Non puoi fingere", forse il brano più
bello, più completo ed ispirato del gruppo; atmosfere canterburiane
create dalla chitarra di Aldo Bergamini e dal brillante tema di pianoforte
attorno al quale il brano sembra aver preso forma. Subito dopo "Il
Marinen forgia il sampo", il brano con cui hanno anche partecipato
al progetto Kalevala ed il salto indietro di trent'anni con (in ordine sparso)
"Tirando le somme", "La foresta dietro Il mulino di Johan"
e "Semplice ma non troppo".
Il violino suonato da Massimo Di Lauro è il vero elemento caratterizzante
della musica del Castello, non solo perchè lo troviamo nella quasi
totalità del loro repertorio, ma anche perchè in ciascuna
canzone il suo ruolo non è di semplice arricchimento o di riempimento,
piuttosto è assai attivo e molto spesso solista.
Come non citare, a tal proposito, la splendida "Il Vessillo del drago",
forse il brano a cui sono maggiormente legato e che meriterebbe, secondo
me, una nuova e più efficace registrazione per far posto a quella
piatta ed un po' freddina del disco originale.
Non avevo mai visto il Castello esibirsi dal vivo e devo dire di esserne
rimasto favorevolmete impressionato, soprattutto per come alcuni brani abbiano
guadagnato parecchi punti rispetto alle rispettive versioni in studio. La
grande passione per la musica e la profonda amicizia che lega questi ragazzi
sono stati gli ingredienti principali grazie ai quali Il Castello di Atlante
è ancora qui, a distanza di trent'anni dalla sua nascita, a deliziare
i palati fini del prog sinfonico più classico ed inossidabile.
Nel frattempo, l'augurio è di una piacevole e proficua traversata
oceanica …!!