CAMEL
TORINO "HIROSHIMA M.A."

DATE: 18/09/2000
REVIEWED: 2000 OCTOBER 16TH

 

Non ci erano venuti a trovare in Italia sia in occasione del tour di "Dust and Dream" che di "Harbour Of Tears" e per diversi giorni ho temuto che anche il tour 2000 dei Camel non facesse tappa sulla nostra penisola. Fino a un mese prima, infatti, l'unica "certezza" era la data del concerto mentre il luogo doveva essere prima Milano, spostato all'ultimo momento a Torino all'"Hiroshima Mon Amour", un ex scuola in zona "Lingotto" riadattata a centro ricreativo (il concerto si é tenuto nel locale originariamente adibito a palestra). E' triste constatare che l'unica data italiana rischi di saltare mentre in Polonia siano previsti 4 concerti tutti da tempo confermati. Una premessa é doverosa: chi scrive è un vero adoratore della band in questione, la considera forse la migliore espressione del rock progressivo di tutti i tempi, capace, in passato, di aver scritto un numero impressionante di bellissime canzoni e ancora adesso di aver saputo rimanere al passo con i tempi ed aver mantenuto uno standard elevatissimo.
Chiunque condivida il mio punto di vista, dopo il concerto avrà provato contemporaneamente delusione ed entusiasmo: delusione perché se si fosse aspettato di ascoltare tutte le migliori canzoni del loro repertorio l'esibizione sarebbe durata 9 o 10 ore circa; entusiasmo perché qualunque track-list i Camel avessero scelto sarebbe stata comunque di eccellente qualità.La risposta del pubblico è stata soddisfacente (circa 400 unità presenti): le rughe e le stempiature dei vecchi fans si alternavano abbastanza regolarmente con gli orecchini alla moda degli appassionati dell'ultim'ora.Ma veniamo al concerto: si parte subito con "Three Wishes" brano di apertura dell'ultimo cd "Rajaz" ed è subito magia; Andrew Latimer subito in cattedra ha invaso di melodia pura l'ambiente con la tecnica, precisione e sensibilità che solo i grandi chitarristi possiedono.
E' poi il turno di "Song Within A Song", "Watching The Bobbins" con lo stupendo assolo finale, "Rajaz" e "The Hour Candle".Da qualche anno i Camel sono Andrew Latimer e Colin Bass (il bassista con le sopracciglia più lunghe e folte del panorama rock), gli altri componenti sono di solito turnisti (anche famosi come Mickey Simmonds in passato) selezionati appositamente per un tour piuttosto che per l'incisione di un disco. In quest'occasione alle tastiere compare Guy LeBlanc (leader di una band canadese, i Nathan Mahl, dediti ad un prog-jazz molto articolato ed a tratti indigesto) sicuramente di buon spessore tecnico e dalle movenze un po' keithemersoniane, mentre alle percussioni abbiamo ammirato la prova di Dennis Clement, che a prima vista non dimostra più di 25 anni e che mi ha seriamente impressionato per la sua tecnica e precisione. Dennis è diventato membro stabile della band per l'eccezionale performance che ha saputo regalare in questa prima parte della tournee. Mi ha fatto un enorme piacere assistere al set acustico durato 45 minuti circa, nel corso del quale sono state eseguite "Refugee", "Fingertips", "Harbour of Tears" e "Send Home The Slates" e "Slow Yourself Down", quest'ultima tratta dal disco d'esordio.Mi auguro che nel prossimo cd dal vivo di sicura uscita la scaletta preveda anche questo mini set acustico. Il finale dell'esibizione è tutto per "Lady Fantasy" magnifica suite tratta da "Mirage" del 1974 e magistralmente eseguita proprio dall'accoppiata Le Blanc/Clement. La speranza è che i Camel proseguano la loro brillante carriera e che l'Italia sia in grado di ospitare i loro concerti futuri con + facilità ed entusiasmo. Anche perché alle porte c'è il loro trentesimo anniversario ed io sarò di nuovo in prima fila….