AGENESS "Imageness" (1998) Finland, Musea

Gli Ageness rappresentano un discreto esempio di neo-prog sinfonico finlandese che percorre lo stesso sentiero già battuto da Iluvatar, Jadis ed Iq: "Imageness", il loro quarto album, è forte di melodie quasi sempre accattivanti sorrette da una base ritmica solida e virtuosa (mi riferisco soprattutto al bassista Jarri Ukkonen) e colme in ogni angolo di tastiere scintillanti e di interventi di organo.
"Line Of Force" è la classica apertura di un disco neo-prog, dinamica e brillante; "Chain Reaction" è l'estremo più radiofonico (soprattutto per le linee vocali) ma con un lavoro di chitarra ritmica granitica ed imponente. "Metamorphosis" è un'altra buona traccia, più epica e progressiva (qui è palese una certa somiglianza ai Rush) benché alcune soluzioni melodiche mi abbiano lasciato un po' l'amaro in bocca. Infine, chiude il disco "Sequels", la suite di 26 minuti, graziosa nel complesso, benché non tutti i 10 episodi di cui è composta offrano occasioni d'ascolto cosi memorabili.
Di "Imageness" rimane la tipica sensazione del compito copiato dal vicino di banco e poi presentato in ordine, completo in tutte le sue parti dal quale emerge un'ottima perizia tecnica dei musicisti.

Ageness is a quite good finnish example of symphonic prog band moving along the same roots of Iluvatar, Jadis and Iq. "Imageness" is their fourth album bearing up of good melodies, keyboards and organ passages and a virtuous rhythmic section ( especially the bassist Jarri Ukkonen).
"Line Of Force" is the classic and dynamic new-prog opening; "Chain Reaction" is the most commercial side of their music though the guitar job is quite hard; "Metamorphosis" is another good track, maybe the proggest one, full of clear relationships to Rush style. The 26 minutes suite "Sequels" closes the album: it's overall an enjoyable track but not all the ten parts offer an unforgettable listening.
So I think "Imageness" isn't more than a fairly good album.

Luca Alberici 05/04/2005
RATING: 60/100
 
FOLQUE "Vardoger" (1977) Norway, Pan records

Fra la miriade di gruppi votati al folk tradizionale, nessuno aveva mai osato dichiarare così palesemente i propri intenti, mentre questi ragazzi norvegesi, in circolazione addirittura dall'inizio degli anni '70 hanno pensato bene di chiamarsi molto semplicemente Folque, scoprendo chiaramente le carte che si sarebbero giocati. "Vardoger", uscito nel 1977 ci propone una manciata di brani cantati in lingua madre da Lisa Helljesen, pregni di sonorità che traggono ispirazione dalla tradizione musicale norvegese. La semplicità ed il disimpegno regnano sovrane (anche gli sbadigli talvolta) sebbene l'utilizzo di mandolini, violini ed altri strumenti più caratteristici che si affiancano alle più canoniche chitarra, basso, keys e batteria contribuiscano a dare spessore ed estrema gradevolezza ad alcune porzioni di lavoro. Niente di memorabile ma è comunque un disco utile per scoprire le radici del folk nordeuropeo più genuino e primordiale.

Among the hundreads of folk bands around the world nobody declared so clearly its music style. This band from Norway, simply called Folque, started to make music in early seventies and "Vardoger" has been released in 1977. Of course music takes inspiration by traditional norwegian tunes, played using mandolins, violins together with the more conventional guitars, keys, bass and drums. The lyrics in mother tongue are sung by Lisa Helljesen. It's not an unforgettable album (sometimes a little boring) but it certainly deserves to be heard to find folk music of nothern Europe at its first steps.

Luca Alberici 25/08/2003
RATING: 70/100
 
GOTTHARD "Homerun" (2001) Switzerland,

Ho ascoltato questo nuovo lavoro dopo che un mio amico, nonché grande fan della band svizzera, mi ha manifestato il suo disappunto e la sua delusione per il nuovo corso, a suo dire, + pop e meno sanguigno rispetto agli album precedenti. E’ vero, "G" è stato l’ultimo cd veramente elettrico: nel successivo "Open" si intravedeva già il cambiamento che si è poi concretizzato pienamente in questo "Homerun". Non sto parlando di stravolgimento radicale del loro sound ma sembra molto evidente l’intenzione (o la necessità ??) di conquistare platee più vaste con un suono più accessibile. L’aver condiviso questa considerazione, tuttavia, non modifica l’opinione generale che mi sono fatto di "Homerun": i brani sono ben assemblati, piacevoli e ben suonati. Non sono molti gli highlights come l'opener iniziale e  "Fly Eagle Fly".Niente di mai sentito e di sconvolgente sia ben chiaro, ma l’impressione che rimane è di un album superiore alla media e che conferma i Gotthard fra i principali attori nel panorama rock mondiale. Da non snobbare e da ascoltare con piacere.

Luca Alberici 02/11/2001
RATING: 70/100
HEON " Electro-Acoustic Requiem" (2003) Canada, Unicorn

La tecnologia applicata alla musica ha fatto autentici passi da gigante, tanto da consentire al chitarrista canadese Martin Heon di pubblicare "Electro-Acoustic Requiem", un album realizzato con il solo ausilio della sua chitarra elettrica. I suoni sono stati campionati, filtrati, forse anche geneticamente modificati, sino a farli assomigliare in certi casi ad altri strumenti. Un'operazione senza dubbio ambiziosa e nata forse con l'intento di gettare le basi per un'evoluzione sonora proiettata in un futuro neanche troppo lontano dai giorni nostri.
Il cd in questione è dunque un prodotto di nicchia, più adatto ai gusti dei cyber-chitarristi amanti delle diavolerie tecnologiche, mentre dal punto di vista artistico è alquanto difficile da giudicare. In realtà nelle circostanze in cui Martin ci propone delle sottili melodie d'ambientazione, riesco anche ad apprezzarlo; molto meno quando si cimenta in ostiche convulsioni sonore pseudo-sperimentali.
Consigliato ma solo per soddisfare la curiosità...

Martin Heon is a canadian guitar-player and (I'm sure) very close to applied technology. His debut album "Electro-acoustic requiem" has been recorded using electric guitar only. The six chords sound has been distorted, filtered and probably also genetically modified. Sometimes it seems to hear completely different instruments, so it's certainly an interesting and ambitious experiment, but it's also very difficult to rate for me. When Martin creates soft and ambient melodies I can love his job, much less when he's intricate, convulse and hard to swallow.
It's recommended to the most curious people only.

Luca Alberici 11/10/2003
RATING: 50/100
 
METALLICA " St. Anger" (2003) Usa , Vertigo

Mah, che dire, è come se i Metallica avessero voluto ripartire da capo, lasciandosi alle spalle l'hard rock robusto, iperprodotto e sempre più accessibile che aveva caratterizzato le loro ultime realizzazioni. Tuttavia "St Anger", l'ultima fatica dei californiani, non può neanche essere paragonato allo speed metal di "Kill 'Em All" con il quale semmai condivide solo l'aggressività e la ruvidezza dei suoni. Qui siamo addirittura alle soglie (sovente oltrepassate) del metal industriale, convulso e metalmeccanico: gli arrangiamenti sono volutamente poco curati ed il drumming di Lars Ulrich ha lo stesso effetto di una catena di montaggio a pieno regime. Come se non bastasse James Hetfield canta con la rabbia di un operaio a cui verrà probabilmente rimandata la pensione. Solo in "My World" che mostra con orgoglio lo stesso giro di chitarra di "Battery" ho trovato l'unica traccia dei vecchi Metallica.
Il principale merito da riconoscer loro è quello di essersi rimessi in discussione con una svolta radicale e molto coraggiosa ma, ahimè, il risultato è decisamente scadente.

I think Metallica wanted to start again from their first steps, leaving behind them the more and more accessible hard rock they recently played in their last works. This is the only explanation. Nevertheless "St. Anger" can't be compared to "Kill 'Em All" or "Ride The Lightning": there's the same aggressivity and roughness but on the edge (often overtaken) of the worst industrial metal. The arrangments are not intentionally so cured and Lars Ulrich drumming seems like an assembly line. Besides, please forget James Hetfield singing "The Unforgiven"; now he sings just like a working class man who probably won't receive enough money for his retired time.
I aknowledge their deep braveness to have walked a new and hard way but the final result is really terrible.

Luca Alberici 7/11/2003
RATING: 40/100
 
MORIA FALLS "The Long Goodbye" (1995) UK , Verulamium

I Moria Falls sono un quintetto inglese, che nel 1995 esordisce con questo "The Long Goodbye" che si destreggia con discreto gusto e perizia tecnica in un ambito strettamente neo-progressive melodico alla Pendragon e Marillion prima maniera. Buone le tessiture tastieristiche di David White ma ancor meglio sono le trame chitarristiche di Glen Sanderman che si conferma come la vera guida artistica del gruppo, mentre l'elemento di palese disturbo è rappresentato dalla voce assolutamente incolore di Miff.
Il disco si compone di otto tracce eleganti e mediamente ispirate ma a cui manca il vero lampo di genio. Ritengo che "The Long Goodbye" verrà ricordato più per la produzione affidata a Clive Nolan e per la presenza come ospite di Martin Orford al flauto, piuttosto che per il suo effettivo valore artistico limitato forse alla sola "Traveller".

Moria Falls is a five-piece coming from England. "The Long Goodbye" is the first album, released in 1995, moving along a melodic neo-progressive rock in the vein of Pendragon and early Marillion. David White and his keyboards are everywhere but I mostly like the guitar themes played by Glen Sanderman who I supposed to be the leading guide of Moria Falls. Finally I don't think Miff is a good singer.
The album features eight quite inspired tracks but I think prog fans will recall it for Clive Nolan's production and Martin Orford 's flute playing rather than its actual artistic value.

Luca Alberici 27/02/2005
RATING: 55/100
 
MYSTERE DE NOTRE DAME "s/t" (1996) Italy , WMMS

Questo esordio della band italiana, uscito nel 1996, fonde e fa coesistere il prog-metal più classico e melodico (alla Dream Theater) con il più immediato ed istintivo heavy metal. L'album è ben registrato ed assemblato con professionalità, inoltre il cantante potrebbe tranquillamente essere scambiato per il fratello minore di Geoff Tate o per il cugino di James Hatfield, ma il problema è che non vengono mai raggiunti quei picchi di creatività che fanno veramente la differenza; anzi i clichè si sprecano e non basta far iniziare "The Absurd" con un' introduzione di buon effetto e poi rovinare tutto con il solito riff power metal che abbiamo già ascoltato centinaia di volte. "Out Of The Row" è forse l'unico brano che per intero mi ha trasmesso qualcosa di positivo, per il resto solo frammenti isolati. Rimangono le buone intenzioni e lo sfoggio di una buona tecnica ma manca la degna realizzazione.

This debut cd of Mystere De Notre Dame (from Italy not France) was released in 1996 and mixes classic and melodic prog-metal (a-la Dream Theater) with the stronger heavy metal sound. The sound quality is absolutely excellent, the guitar playing is clean and skilled and the singer could be the Geoff Tate' s youngest brother or the James Hetfield's cousin. Nevertheless there are too much cliches and most of the songs lack of creativity. I only liked "Out Of The Row", a really inspired song. The best and good intentions are not enough, I'm sorry guys !

Luca Alberici 06/10/2003
RATING: 60/100
 
ROZ VITALIS "Painsadist" (2003) Russia, Independent

I Roz Vitalis provengono dalla Russia. "Painsadist" è la loro seconda fatica autoprodotta dopo "L'ascensione" uscito l'anno scorso. Il cd dura solo 37 minuti e ci propone essenzialmente una musica elettronica dominata dalle tastiere e da innumerevoli effetti campionati di Ivan Rozmainsky. Le sette tracce presenti alternano momenti più rilassati ed atmosferici (e quindi di più facile digestione) ad altri più convulsi e dissonanti (solo travestiti di sperimentazione). Non amo particolarmente questo tipo di musica e non cambio certo idea con questo disco, ma devo ammettere di aver incontrato soprattutto nella seconda parte del cd, qualche spunto di sicuro interesse. "Exodus" e la conclusiva title-track sono brani più che accettabili, quest'ultima molto solenne ed ecclesiastica.
Musica meditativa, oscura, misteriosa ma troppo plastificata ed inconsistente per i miei gusti. Per contatti irozmain@yandex.ru

Roz Vitalis comes from Russia and "Painsadist" is their second album after "L'ascensione" of the last year. In this Ep you can basicly find 37 minutes of electronic music ruled by Ivan Rozmainsky's keyboards, programming and several sound effects. Some of the seven tracks are more relaxed and supported by fine atmospheres, while others are more dissonant and convulse. I don't like this kind of music very much but I must admit to have enjoyed especially the second half of this work (see "Exodus" and the final title-track).
A meditative and sometimes dark electronic music: that's Roz Vitalis audience target. For contacts: irozmain@yandex.ru

Luca Alberici 19/09/2003
RATING: 55/100
 
JOE SATRIANI "Strange Beautiful Music" (2002) Usa, Sony music

Joe Satriani è un mostro di bravura e non lo scopro certo io: è stato e continua a confermarsi uno dei migliori melody maker del pianeta, capace di estrarre dalle sei corde motivi affascinanti, ritmatissimi e molto coinvolgenti ma mai privi di arrangiamenti di qualità. "Strange Beautiful Music" è un deja-vu, un ritorno al passato, una specie di riassunto di quanto esibito nei primi 3-4 album, dopo un paio di tentativi più recenti e non perfettamente riusciti di indirizzare il suo chitarrismo verso territori più soul-blues (vedi l'omonimo album e "Engines Of Creation"). Notevoli soprattutto "Oriental Melody", "Starry Night" e "Sleep Walk", tutti brani semplici, diretti, che forse ricordano troppo il suo vecchio repertorio, ma centrano sicuramente l'obiettivo. Ma troviamoglielo il difetto: i sessanta minuti di durata forse sono eccessivi ed una potatina di di 3 o 4 canzoni non avrebbe per nulla compromesso il buon risultato finale.

Everybody knows Joe Satriani's skillness while playing the 6-chords, so I won't lose my time telling you this. Joe was and currently is one of the best melody maker living on earth: he can take out from his guitar rhytmical and lovely tunes full of wonderful arrangments.
"Strange Beautiful Music" is a kind of deja-vu, a come-back to past. It sounds a little like his first 3/4 albums, after two quite bad attempts to explore soul-blues territories with his eponymous album and "Engines Of Creation". I mostly liked "Oriental Melody", "Starry Night", "Sleep Walk", very simple tracks (maybe too close to some old Joe's tracks) but absolutely enjoyable. Good job, Joe !!

Luca Alberici 27/10/2003
RATING: 75/100
 
DOMENICO SOLAZZO "Carpigstroke" (2003) Belgium, Independent

Conoscendo abbastanza bene i gusti musicali di Domenico Solazzo, un ragazzo belga ma di chiare origini italiane, dopo aver ricevuto la sua opera prima, intitolata "Carpigstroke", non mi sono stupito oltremodo del suo contenuto artistico che definirei enigmatico, inquietante, minimalista e decisamente insolito. La registrazione purtroppo è poco più che amatoriale e non depone certo a favore di quello che per adesso può essere considerato solo un semplice esperimento. Il miscuglio sonoro è costituito da una chitarra più spesso acustica ma anche elettrificata, batteria, da una serie di effetti campionati e dall'uso frequente di voci filtrate, che vanno ad aggiungersi alle parti vocali, invero poco brillanti, di Domenico.
I momenti migliori vanno ricercati allorchè il prevalente clima da depressione che aleggia sul disco viene rappresentato in maniera più sottile e solo all'apparenza più inconsistente: per esempio mi piace la ummagammiana "Protect", la successiva "Collect" e "Neglect", quest'ultima da ascoltare mentre si osserva la prima ed inquietante foto contenuta nel booklet del cd. Al contrario, quando Domenico cerca di dare maggior forma e sostanza alle linee melodiche, come in "Affect", affiorano puntuali i limiti e la scarsa incisività. Un esperimento riuscito a metà e comunque in grado di soddisfare sopratutto i fans della sperimentazione più estrema.

I Know quite well the musical tastes of Domenico Solazzo (a belgian guy with clear italian origin), so I wasn't surprised of the artistic content of his debut album called "Carpigstroke". It's enigmatic, disquieting, minimalistic and so unusual. Unfortunately the recording is not enough good to consider it something more than a first experiment. I met the best moments when Domenico tried a more "classical" and athmospheric approach as in the ummagammian "Protect", "Collect" and "Neglet". I liked it much less when he gives a clearer shape and substance to some tracks as "Affect" for example.
It's only the first attempt, let's wait and see future improvements…

Luca Alberici 15/12/2003
RATING: NR
 
VOX TEMPUS "Demo" (2004) U.S.A. , Independent

I Vox Tempus nascono dalle ceneri degli Equinox: Eric Ragno (anche nei Takara) alle tastiere, Dan Reed (anche nei Millenium) alla voce, Ray Mantor alla chitarra, Jim Turba al basso e, fiato alle trombe, la partecipazione straordinaria di Greg Bissonette alla batteria. I cinque americani ci danno in antipasto tre brani che figureranno nella track-list del loro imminente debutto e l'impressione è abbastanza positiva: i Vox Tempus suonano un progressive metal molto melodico, abbastanza convenzionale e mai troppo complicato. L'architettura è sorretta da una sezione ritmica molto solida arricchita con interventi tastieristici ariosi e ben eseguiti. I ritornelli, dall'appeal molto commerciale, sono cantati divinamente dall'ugola deluxe di Dan Reed. "What About" è quello in cui si avvicinano al prog metal più puro e complesso dei Dream Theater di qualche anno fa.
Come sempre preferisco astenermi dal giudicare un demo dimostrativo, ma la mia velata speranza è che questi tre brani non siano quanto di meglio saprà offrire l'intero lavoro . Ma come assaggio non c'è male in attesa del full-lenght …

Vox Tempus was born from the ashes of Equinox: Eric Ragno (he also played for Takara) on keys, Dan Reed (also in Millenium) on vocals, Ray Mantor on guitars, Jim Turba on bass and Greg Bissonette on drums as special (very special) guest. The five americans give us a quite good hors-d'oeuvre of their forthcoming debut album: the three songs show us a really melodic progressive metal, never too complex, except "What About" more in the vein of early Dream Theater. Overall the rhythm section is quite strong always riched with good keyboards carpets. Dan Reed's vocal performance is absolutely incredible.
As always I prefer not to rate a demonstration cd in the hope these three tracks won't be the best of the full-lenght. Not bad as first tasting.

Luca Alberici 07/06/2004
RATING: NR
 
WHEATSTONE BRIDGE "Demo" (2003) U.S.A., Independent

Gli americani Wheatstone Bridge nascono nel 2002 per volonta' del batterista Ernie Plank e del chitarrista David Wilson ai quali si unisce ben presto il bassista e cantante John Taylor. Nei 21 minuti di questo demo, ci propongono una fusione di stili abbastanza varia anche se in taluni casi abbastanza confusionaria: la chitarra graffiante, frenetica e molto pesante rievoca atmosfere doom/thrash metal tipiche di Black Sabbath ma l'architettura con cui la band costruisce i brani è ben più complessa ed imprevedibile, grazie all'inserimento di numerosi cambiamenti di ritmo ed umori, sonorità hard-prog direttamente dai seventies e qualche traccia di jazz-fusion. Purtroppo la qualità dell'incisione non è delle migliori, piatta e poco pulita. Tre sole tracce non mi sono sufficienti per dare un giudizio definitivo, ma danno comunque l'idea di una band alla ricerca di uno stile abbastanza originale che ha solleticato il mio interesse. Da rivedere sulla lunga distanza.

Wheatstone Bridge is a band from U.s.a., born in 2002 thanks to the drummer Ernie Plank and the guitarist David Wilson. Then John Taylor (bass, vocals) joined the band. With this 21 minutes demo they offer us a blend of so different styles: the foreground is ruled by a so heavy and doom guitar in the vein of early Black Sabbath but the architecture which the band builds the songs with is more complex and unforeseeable. There are some beautiful traces of hard-prog (from the seventies) and jazz-fusion. Three songs only are not enough to give a definitive rating to this demo ("Application I" is my favourite) but I certainly found a band in search of an interesting and so original style. Let's wait for the whole album…

Luca Alberici 10/04/2004
RATING: NR