- Ricordate Andrew Marshall, il polistrumentista britannico che nel 2005 diede vita al progetto Willowglass uscendo con l’omonimo debutto? “Book Of Hours” è la sua seconda fatica, nuovamente strumentale.
Lo stile esibito nel debutto è rimasto pressoché identico, ovvero ispirato alla scuola sinfonico-romantica inglese degli anni settanta (Genesis e Camel soprattutto, ma anche qualcosa della scuola Yes). E qui, inutile negarlo, rischierebbe di scattare la fatidica trappola per un buon 90% di gruppi che tenta di rinverdire le suddette sonorità riuscendoci, spesso, assai malamente.
Ma i Willowglass ne escono alla grande con una riproposizione fedele, diligente, mai avventurosa o particolarmente originale, ma semplicemente ben fatta. I cinque brani del disco fanno della melodia raffinata e dell’equilibrio i loro punti di forza. E’ un disco morbido, sinuoso, adagiato comodamente su un tappeto di tastiere senza mai una spigolosità fuori luogo, solo lievi accelerazioni dove anche la chitarra elettrica si fa sentire; mai un momento di stanchezza, grazie a cambi di ritmo fluidi e crescita costante del pathos.
Non esiste un brano migliore dell’altro (forse “The Maythorne Cross”), ognuno sembra aver qualcosa da offrire e questa ritengo sia la principale differenza rispetto al disco d’esordio, ancora acerbo e non privo di momenti dispensabili.
Avanti così, il “Piano Marshall” prevede il capolavoro al terzo tentativo ed il trend punta decisamente in questa direzione.
Luca
Alberici
Have
you a different point of view? Please write
me !!!