- E' difficile pensare
a Vladimir Badirov, originario dell'Uzbekistan, come ad un'artista normale
e così facilmente classificabile che fa delle percussioni il suo
pane quotidiano da quando aveva quindici anni e che, dopo aver militato
in numerose band folk locali, ha poi l'onore di fare da spalla a Peter Gabriel
nel corso del suo "Growing Up" tour. Lo è ancor di più
dopo aver ascoltato questo esordio del suo nuovo progetto artistico, nel
quale fa confluire tutte le sfaccettature della sua musica, frutto di anni
di studio ed esperienza sul campo.
"Greeting From Nostradamus" è un disco per amanti di jazz-folk-rock
etnico, ma anche per i semplici patiti delle sfumature e delle strumentazioni
caratteristiche del paese di provenienza. Le percussioni di Vladimir sono
circondate dai più convenzionali basso, chitarre e flauto ma anche
da splendidi interventi di violino, nay (un flauto tipicamente uzbeko),
clarinetto, trombe e tromboni. L'amalgama sonora è perfetta: nessuno
sbilanciamento eccessivo verso soluzioni troppo ostiche o verso solismi
esagerati; non si assiste mai neppure ad un uso sconsiderato delle percussioni
che non troverete mai egoisticamente protagoniste in alcun brano. Semmai
talvolta infastidisce il frequente ricorso alle campionature della batteria.
In un contesto medio abbastanza ispirato, brillano soprattutto il funky-rock
disimpegnato di "Greeting From Nostradamus", "The Heart"
dal fine sapore mediorientale, l'enigmatica "Shaman" ed "Artificial
Paradoxes", il brano più convenzionalmente rock del disco, con
l'ottima chitarra di Alex Tamaev che mi ricorda il Jeff Beck più
sperimentale di "Guitar Shop". Un disco oggettivamente affascinante
e nel complesso abbastanza accessibile ad un pubblico di media vastità.
- It's so hard to think
of Vladimir Badirov as a conventional artist. He comes from Uzbekistan and
he has been playing drums since he was fifteen. He played for several local
bands and he also succedeed in playing as support act during the Peter Gabriel
"Growing Up" tour.
"Greeting From Nostradamus" is the first release of his latest
project: it's an album for jazz-folk-ethnic rock lovers and for everyone
who like listening traditional instruments inside a rock context. Apart
from drums and percussion, bass and guitar, you can find beautiful passages
of nay (a typical flute from Uzbekistan), trumpet, clarinet and trombone.
All these instruments are very well balanced inside the tracks. I rather
don't like drums programming somewhere used by Vladimir.
The overall inspiration of songwriting is good but I especially like the
funky rock of the title-track, "The Heart", the enigmatic "Shaman"
and "Artificial Paradoxes" where Alex Tamaev's guitar reminded
me the most experimental Jeff Beck of "Guitar Shop".
A fascinating and quite accessible album who deserves not to be missed.
Luca
Alberici
Have
you a different point of view? Please write
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