TIMOTHY PURE - ISLAND OF THE MISFIT TOYS (2001)

U.S.A.

GENRE: PROG

LABEL: ISOSCELES

WEBSITE

REVIEWED: 2002 FEBRUARY 22TH

RATING: 85/100

 

Sono sempre stato abbastanza prevenuto nei confronti del progressive rock proveniente dagli Stati Uniti, forse perché mi ritengo tendenzialmente europeista nei gusti in campo prog o forse perché le band d'oltreoceano hanno sempre evidenziato una vena più prog metal oriented o comunque molto più avvezza al tecnicismo esasperato che alla ricerca del motivo lineare. Ebbene, i Timothy Pure, americani purosangue, rappresentano la più classica delle eccezioni che apprezzi maggiormente perché contraddice le tue convinzioni.
"A Damp Preserve" apre l'album in modo dolce ed atmosferico con la sola chitarra acustica e voce nel ruolo di protagoniste ed è subito evidente l'impronta floydiana ("The Wall" soprattutto). Segue a ruota  "Hush" il cui ritmo è dettato da una trama di pianoforte che si ripete fino alla fine del brano. Tutti i 14 episodi dell'album danno la piacevole sensazione che la musica ti avvolga e ti renda partecipe delle emozioni che essa è in grado di trasmettere. Ogni singolo brano è un'inebriante esperienza di ascolto e sembra raccontare una storia di cui si è costantemente ansiosi di conoscere il finale. I 2 minuti della splendida e dolcissima "The Engine Roars" fanno da prologo a "Tribes", song molto complessa e con una lunga parte strumentale ben architettata. "Playground Politics" sintetizza tutte le sfaccettature della musica dei T.P.: pianoforte in evidenza, un feeling molto acustico, chitarra solista pulita ed aperture vocali cristalline. Ecco, parliamo proprio del cantante/tastierista Matthew Still: la sua voce mi suona familiare anche se non mi ricorda nessuno in particolare....che ne dite di Roger Waters ?? "Misha Superhero" è la canzone più lunga dell'album ed inizia sempre in chiave molto floydiana per concludersi poi in stile Arena (ma non ricordano i Floyds anche loro?) con un assolo di tastiere e di chitarra di assoluta eccellenza.
Insomma, pur essendo musicalmente molto simile al suo predecessore "Blood Of The Berry", rappresenta un deciso passo avanti soprattutto per la qualità del songwriting e posso quindi ritenermi molto soddisfatto di aver conosciuto ed apprezzato una band come i T.P. che certamente non otterrà mai un successo di pubblico pari a quello della loro principale influenza, ma che continuerà (e spero per molto tempo ancora) a fare la felicità di coloro che amano la buona musica, per intenderci quella suonata con il cuore ma anche con la testa.
COMING SOON

Luca Alberici