Sono
sempre stato abbastanza prevenuto nei confronti del progressive rock proveniente
dagli Stati Uniti, forse perché mi ritengo tendenzialmente europeista nei
gusti in campo prog o forse perché le band d'oltreoceano hanno sempre evidenziato
una vena più prog metal oriented o comunque molto più avvezza al tecnicismo
esasperato che alla ricerca del motivo lineare. Ebbene, i Timothy Pure,
americani purosangue, rappresentano la più classica delle eccezioni che
apprezzi maggiormente perché contraddice le tue convinzioni.
"A
Damp Preserve" apre l'album in modo dolce
ed atmosferico con la sola chitarra acustica e voce nel ruolo di protagoniste
ed è subito evidente l'impronta floydiana ("The Wall" soprattutto).
Segue a ruota "Hush" il cui ritmo è dettato da una trama
di pianoforte che si ripete fino alla fine del brano. Tutti i 14 episodi
dell'album danno la piacevole sensazione che la musica ti avvolga e ti renda
partecipe delle emozioni che essa è in grado di trasmettere. Ogni singolo
brano è un'inebriante esperienza di ascolto e sembra raccontare una storia
di cui si è costantemente ansiosi di conoscere il finale. I 2 minuti della
splendida e dolcissima "The Engine Roars" fanno da prologo a "Tribes",
song molto complessa e con una lunga parte strumentale ben architettata.
"Playground Politics" sintetizza tutte le sfaccettature della
musica dei T.P.: pianoforte in evidenza, un feeling molto acustico, chitarra
solista pulita ed aperture vocali cristalline. Ecco, parliamo proprio del
cantante/tastierista Matthew Still: la sua voce mi suona familiare anche
se non mi ricorda nessuno in particolare....che ne dite di Roger Waters
?? "Misha Superhero" è la canzone più lunga dell'album ed inizia
sempre in chiave molto floydiana per concludersi poi in stile Arena (ma
non ricordano i Floyds anche loro?) con un assolo di tastiere e di chitarra
di assoluta eccellenza.
Insomma,
pur essendo musicalmente molto simile al suo predecessore "Blood Of
The Berry", rappresenta un deciso passo avanti soprattutto per la qualità
del songwriting e posso quindi ritenermi molto soddisfatto di aver conosciuto
ed apprezzato una band come i T.P. che certamente non otterrà mai
un successo di pubblico pari a quello della loro principale influenza, ma
che continuerà (e spero per molto tempo ancora) a fare la felicità di coloro
che amano la buona musica, per intenderci quella suonata con il cuore ma
anche con la testa.