- Ripescare e commentare
vecchi album della scena sinfonica tedesca anni settanta si conferma come
uno dei miei passatempi preferiti che penso praticherò ancora a lungo
visto il rapporto vastità/qualità che questa ha saputo esprimere.
I Tibet appartengono a quella schiera di formazioni dell'underground sinfonico
tedesco che alla fine dei settanta registrarono un ottimo disco d'esordio
e che ingiustamente non videro premiata dal pubblico la loro bravura. Mentre
scrivo, sembrano tuttavia in procinto di riformarsi.
Questo omonimo disco esce nel 1979, ma viene fatto uscire dall'anonimato
e dalla irreperibilità solo grazie ad una illuminata ristampa targata
Musea nel 1994. I sei musicisti sfoggiano un rock progressivo di ottima
fattura a metà tra la migliore scuola teutonica di Anyone's Daughter,
Rebekka e Neuschwanstein e quella proto-prog britannica (Cressida, Indian
Summer e simili). Ciò equivale a dire che le tipiche melodie sognanti,
un po' spaziali della scuola tedesca qui si fondono con il prog inglese
più accessibile, più sobrio e meno ridondante. L'iniziale
"Fight Back" nella sua parte strumentale centrale mi rievoca piacevolmente
"Munich" dei Cressida con i suoi fraseggi di basso e di hammond
di grande effetto. "Take What's Yours", soprattutto nella sua
parte iniziale, è carica di un inaspettato e piacevolissimo sapore
che mi ricorda i primi Scorpions: ebbene si, agli inizi della loro carriera
anche loro potevano considerarsi una prog band. L'incedere sostenuto del
basso di Karl Heinz Hamann e della chitarra di Jurgen Grutzsch ne portano
i semi, ma ancor di più la voce del bravo Klaus Werthmann che mi
rievoca il Klaus Meine d'annata. Anche in "Eagles" ho riscontrato
la stessa influenza della rock band di Hannover (ascoltare il finale strumentale
di "Fly To The Rainbow" per credere) qui però ancor meglio
amalgamata con sonorità molto vicine ad Eloy e Novalis.
Preferisco tralasciare termini come "fondamentale", "classico",
"imperdibile" per targare questo esordio dei Tibet, anche se tutti
i sette brani che lo compongono sono al di sopra di una media oggettiva.
Sono altresì convinto che se amate le band citate sopra ed in generale
il prog tedesco, qui troverete il top dell'underground sinfonico. Garantito.
- Recovering
and reviewing old albums taken from the german synphonic scene is currently
one of my favourite hobbies; and I think I will practise this hobby many
times more because Germany had a wide and good-quality scene back in the
seventies. Tibet is just from Germany: these six guys recorded only this
eponymous debut album back in 1979, then reprinted by Musea in 1994. It
shows a brilliant blend of typical german synphonic progressive rock (Anyone's
Daughter, Rebekka and Neuschwanstein) with british prog (Cressida, etc..),
that is to say spacey and dreamy melodies with the most accessible and sober
side of prog from England. I cited Cressida because the middle part of "Fight
Back" reminded me the wonderful bass/hammond passages of "Munich".
Even "Take What's Yours" and " Eagles" are two brilliant
highlights that show an unexpected feeling a-la early Scorpions (yes, Schenker
and friends) and an Eloy/Novalis sound.
I prefer not to use words like "classic", "unbelieveable"
or "timeless" to describe the Tibet album even if all the seven
tracks are widely above the average. I think here you'll find the best among
the german synphonic underground. Recommended.
Luca
Alberici
Have
you a different point of view? Please write
me !!!