TIBET
S/T (1979)

GERMANY
GENRE: PROG
LABEL: MUSEA
WEBSITE: ///
REVIEWED: 2004 JULY 2ND
RATING: 85/100

 

Ripescare e commentare vecchi album della scena sinfonica tedesca anni settanta si conferma come uno dei miei passatempi preferiti che penso praticherò ancora a lungo visto il rapporto vastità/qualità che questa ha saputo esprimere.
I Tibet appartengono a quella schiera di formazioni dell'underground sinfonico tedesco che alla fine dei settanta registrarono un ottimo disco d'esordio e che ingiustamente non videro premiata dal pubblico la loro bravura. Mentre scrivo, sembrano tuttavia in procinto di riformarsi.
Questo omonimo disco esce nel 1979, ma viene fatto uscire dall'anonimato e dalla irreperibilità solo grazie ad una illuminata ristampa targata Musea nel 1994. I sei musicisti sfoggiano un rock progressivo di ottima fattura a metà tra la migliore scuola teutonica di Anyone's Daughter, Rebekka e Neuschwanstein e quella proto-prog britannica (Cressida, Indian Summer e simili). Ciò equivale a dire che le tipiche melodie sognanti, un po' spaziali della scuola tedesca qui si fondono con il prog inglese più accessibile, più sobrio e meno ridondante. L'iniziale "Fight Back" nella sua parte strumentale centrale mi rievoca piacevolmente "Munich" dei Cressida con i suoi fraseggi di basso e di hammond di grande effetto. "Take What's Yours", soprattutto nella sua parte iniziale, è carica di un inaspettato e piacevolissimo sapore che mi ricorda i primi Scorpions: ebbene si, agli inizi della loro carriera anche loro potevano considerarsi una prog band. L'incedere sostenuto del basso di Karl Heinz Hamann e della chitarra di Jurgen Grutzsch ne portano i semi, ma ancor di più la voce del bravo Klaus Werthmann che mi rievoca il Klaus Meine d'annata. Anche in "Eagles" ho riscontrato la stessa influenza della rock band di Hannover (ascoltare il finale strumentale di "Fly To The Rainbow" per credere) qui però ancor meglio amalgamata con sonorità molto vicine ad Eloy e Novalis.
Preferisco tralasciare termini come "fondamentale", "classico", "imperdibile" per targare questo esordio dei Tibet, anche se tutti i sette brani che lo compongono sono al di sopra di una media oggettiva. Sono altresì convinto che se amate le band citate sopra ed in generale il prog tedesco, qui troverete il top dell'underground sinfonico. Garantito.
Recovering and reviewing old albums taken from the german synphonic scene is currently one of my favourite hobbies; and I think I will practise this hobby many times more because Germany had a wide and good-quality scene back in the seventies. Tibet is just from Germany: these six guys recorded only this eponymous debut album back in 1979, then reprinted by Musea in 1994. It shows a brilliant blend of typical german synphonic progressive rock (Anyone's Daughter, Rebekka and Neuschwanstein) with british prog (Cressida, etc..), that is to say spacey and dreamy melodies with the most accessible and sober side of prog from England. I cited Cressida because the middle part of "Fight Back" reminded me the wonderful bass/hammond passages of "Munich". Even "Take What's Yours" and " Eagles" are two brilliant highlights that show an unexpected feeling a-la early Scorpions (yes, Schenker and friends) and an Eloy/Novalis sound.
I prefer not to use words like "classic", "unbelieveable" or "timeless" to describe the Tibet album even if all the seven tracks are widely above the average. I think here you'll find the best among the german synphonic underground. Recommended.

Luca Alberici

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