THIEVES' KITCHEN
ARGOT (2001)

UK
GENRE: PROG
LABEL: SELF
WEBSITE: TK OFFICIAL
REVIEWED: 2002 AUGUST 9TH
RATING: 55/100
 
L’ho ascoltato una volta, due volte, tre volte, poi l’ho lasciato riposare qualche giorno sperando nel cosiddetto effetto peperonata, che il giorno dopo è ugualmente difficile da digerire ma di solito è più buona e l’ho poi consumato altre 3 volte. Ma niente da fare, "Argot", ultima fatica dei Thieves Kitchen, la band inglese dell’ex batterista dei Grey Lady Down Mark Robotham, non mi è proprio entrato né in testa né nel cuore. Avevo già intravisto la difficoltà che avrei incontrato leggendo la durata totale del cd (oltre i 60 minuti), il numero di brani (4) e conseguentemente la durata molto elevata di ciascuno. Più che di 4 brani sarebbe quindi il caso di parlare di 4 porzioni di album, di 4 lunghi spaccati musicali. E invece no, la formula a cui Mark Robotham ci aveva abituati già nei GLD (di cui era una delle menti) viene qui riproposta ed addirittura accentuata.
Lo ammetto, sono molto combattuto, perché mi spiacerebbe stroncare "Argot", che a me certamente non piace ma al cui interno c’è materiale in abbondanza e di qualità per soddisfare qualsiasi prog fan dal palato esigente. Lo potrei definire prog intellettuale, complicato, una vera sfida alle capacità assorbenti di quella parte non ancora scoperta del nostro cervello che ci fa amare questa musica. A me però non resta che gettare la spugna ed ammettere che questo eccessivo tasso di complessità non fa parte del mio Dna, perché in effetti i Thieves Kitchen suonano molto bene ed in certi momenti raggiungono vette di creatività non indifferenti.
La traccia iniziale "John Doe Number One" mi sembra la più riuscita, quella al cui interno sono presenti i momenti più ispirati e di qualità.
E’ un album a cui va dedicato un po’ di tempo e di attenzione. Non può essere ascoltato distrattamente ed assunto con ingordigia perché si rischia una congestione o quanto meno un fastidioso mal di pancia. E’ quindi un album destinato a rimanere un prodotto elitario e di nicchia e pur non rappresentando un punto a sfavore dal punto di vista artistico certamente lo è per il loro portafoglio.
Dubito, per esempio, che gli amanti del neo-progressive, leggendo queste righe, correranno ad acquistare il disco, ma se anche così fosse potranno dire ai loro amici di non essere riusciti a terminare l’ascolto neanche della prima traccia.
Una particolarità bizzarra: se vi sfugge o non capite qualche parola inglese fondamentale per dare un senso al testo delle canzoni, mettetevi il cuore in pace perché i TK hanno avuto l’idea di tradurre le liriche in polacco, svedese, russo e arabo. Mah...
TK is the new band of Grey Lady Down ex drummer Mark Robotham: the music is quite different from GLD stuff, it’s more complex and hard to swallow. There are only 4 songs (but I shoud say 4 long pieces of album) for 60 minutes of cd total lasting.
I listened to it once, twice, then I made it rest for a couple of days trying again afterwards. Nothing to do: "Argot", the second and last album of Thieves Kitchen doesn’t find a place in my mind and neither in my heart.
I don’t want to give you a bad idea of this album, because it’s not really bad and I’m sure many old prog lovers (complexity lovers too) will fall in love with it. But I didn’t, even if I’m a prog fan and I like a certain kind of complexity in music. Each long track contains a lot of genuine prog stuff, lots of good ideas and everything is played by skilled musicians.
So why didn’t I like it ? Because it doesn’t flow, all the good moments are too much disconnected each other . Their sound wisely mixes jazz, prog-metal, classic prog but, as I said earlier, the result is really hard to swallow and to digest.

Luca Alberici