La pessima impressione
che tempo addietro ebbi del secondo disco del trio americano Ring Of Myth
non è stata certo una confortante premessa all'ascolto di questo
terzo lavoro, intitolato "Weeds" e da poco uscito per la Unicorn
Digital.
Non vi nascondo di aver sperato che il cambio di scuderia potesse sortire
lo stesso effetto del cambio di allenatore per una squadra delusa dai risultati
sportivi sino li ottenuti.
Putroppo devo constatare che, di nuovo, non ci siamo: "Weeds"
porta avanti le medesime "idee" presenti in "Unbound",
con una linea di demarcazione tra complessità formale e confusione
che, tristemente, appare molto sottile e fragile.
Le dieci tracce mostrano una palese derivazione di scuola Yes, fatta di
cambi di tempo tanto prevedibili quanto forzati ed alcuni tentativi di raggiungere
livelli di sinfonismo appena accettabili. La stessa voce di Danny Flores
cerca di emulare i timbri tanto cari all'appassionato di prog sinfonico,
ma come avrete intuito, tutti questi tentativi si rivelano autentici buchi
nell'acqua e peggiorati ulteriormente dai temi chitarristici di George Picado
che, invece di mettere ordine e di inventare qualcosa di apprezzabile, crea
ancor più confusione e spesso si fa tentare da un'eccessiva durezza
prog-metal.
Ma il dato più triste è che, nonostante i miei apprezzabili
sforzi, non sia stato in grado di salvare nessuno (sottolineo nessuno) dei
brani qui presenti, operazione che di solito mi riesce anche al cospetto
di dischi inutili ed inconcludenti.
Un disco ed un gruppo che desidero dimenticare in fretta.
I listened to Ring
Of Myth music for the first time when "Unbound" was released in
1996 and I still remember I was a little disappointed by the music of this
trio from Usa.
When I got a copy of their latest work called "Weeds" under Unicorn
Digital, I hoped the change of label (..and what a label !!!) could improve
their music and satisfy me, but unfortunately it didn't happen.
"Weeds" brings ahead the same ideas and sounds of the previous
album where the dividing line between complexity and confusion is really
thin and fragile. This album is a failed attempt to play in the Yes vein,
but the changes of mood are forced and so predictable; Danny Flores voice
is quite disturbing and George Picado's guitar adds confusion to a confused
foreground.
I usually find something interesting even inside the worst album, but not
here.