ROYAL HUNT
THE MISSION (2001)

NORWAY
GENRE: PROG-METAL
LABEL: FRONTIERS
WEBSITE
REVIEWED: 2002 JULY 12TH
RATING: 70/100
 
Nella passata decade i Royal Hunt sono stati uno dei più fulgidi esempi di prog metal europeo e dopo qualche album di riscaldamento hanno raggiunto con "Moving Target" il meritato successo internazionale, bissato poi dal successivo "Paradox". Album imponenti per forza espressiva e songwriting di assoluta qualità con un frontman come D.C. Cooper a rappresentare la classica marcia in più. Con l'arrivo del nuovo cantante la band ha scelto la via della continuità senza strappi o cambiamenti di rotta ma mentre "Fear" ha deluso non pochi fan della band con una manciata di brani senza squilli e con il cantante alle prese con problemi di ambientamento, questo nuovo lavoro ha risollevato le quotazioni del combo norvegese. Risollevare in questo caso però non significa tornare ai fasti di un tempo ma solo confezionare un disco più che accettabile e molto orecchiabile.
Questo è "The Mission", un disco senza difetti evidenti ma neanche con pregi rilevanti: i riff di chitarra sono graffianti e ben assemblati, basso e batteria precisi e pompati, ma come in passato tutto nasce dalle tastiere e dalla mente creativa del gruppo, Andre' Andersen. Si sente forte e chiaro il suo marchio, la vena classicheggiante delle melodie, la solennità dei cori che accompagnano quasi ogni passaggio vocale e le sfumature molto epiche: un marchio depositato ai tempi di "Moving Target" e sempre utilizzato per distinguere il Royal Hunt sound da quello dei loro più stretti colleghi. Con il rischio, sempre in agguato, di sconfinare puntualmente nei territori del già sentito e dell'autocitazione: "Surrender", "World Wide War" e "Out Of Reach" sono solo alcuni esempi di brani piacevoli ma che ricordano troppo i RY di "Paradox"
In verità qualche timido tentativo di andare oltre e di distaccarsi dal loro marchio di fabbrica è stato compiuto ed è palese per esempio nell'iniziale brano omonimo dal ritornello fluido ed americaneggiante ed in "Judgement Day", caratterizzata da un'introduzione di basso molto simile a "Della Brown" dei Queensryche.
Decisamente non male anche la rainbowiana "Days Of No Trust" con una conclusione dal grande impatto emotivo.
Insomma, per me trattasi di missione compiuta ma senza le altissime onorificenze come in passato.
During the last ten years, Royal Hunt had been one of the shinest european prog metal bands. After some warmed-up albums, they finally reached a worldwide success with "Moving Target" thanks to an impressive songwriting and the great voice of D.C. Cooper.
The new singer didn't adapt himself immediately and his performance on the previous "Fear" is not as good as on this new album.
"The Mission" is clearly influenced from "Moving Target" and "Paradox" especially in songs like "Surrender", "World Wide War" and "Out Of Reach", but I think Andre' Andersen, RH's keys man and creative mind, tried to go beyond the trade-mark: the rusults are songs like "Judgement Day" (what about Queensryche "Della Brown ?!??) and the Rainbowish "Days Of No Trust".
The mission is done but without highest honours.

Luca Alberici