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    - Mai come in questo caso è fondamentale e funzionale  al commento della nuova fatica discografica di Nicola Randone “Linea di  confine”, conoscere l’evoluzione artistica che ha portato l’artista ragusano  (ma catanese d’adozione) dal rock sinfonico degli inizi (“Morte di un amore”  del 2002) al rock progressivo più ricercato del successivo periodo Electromantic,  culminato con l’eccellente concept storico “Hybla Act 1”. 
“Linea di confine” esce dopo quattro lunghi anni di  faticosa gestazione, durante i quali molti di noi probabilmente si sarebbero  aspettati la preparazione ed il concepimento della seconda parte del suddetto “Hybla”.  A quanto pare le ragioni del cuore hanno prevalso sulle vicende dell’antica Ragusa  ma, a giudicare dal risultato, ce ne faremo certamente una ragione.
Sotto l’aspetto stilistico non parlerei di disco  della svolta: molto più semplicemente in esso convivono, ben calibrati, il rock  cantautorale degli inizi (ricordo veri gioielli come “Visioni” e “La giostra”)  ed il rock progressivo più elaborato delle ultime produzioni. E’ proprio questo  che rende  “Linea di confine” il suo disco  più maturo e convincente, quello che verrà ricordato per il saggio dosaggio  delle componenti cantautorali e progressive che l’hanno accompagnato in 10 anni  di attività.
Di svolta, piuttosto, parlerei riguardo alla sua  carriera: ritenendo di non essere affetto dalla cosiddetta sindrome de  “l’ultimo disco è sempre il più bello” ma neanche credendo che Nicola riuscisse  a superare il già buon livello creativo degli ultimi lavori, sono rimasto abbastanza  spiazzato dall’impatto emotivo che mi ha procurato “Linea di confine”. 
Ho trovato il giusto equilibrio tra sentimento,  espressività, ricercatezza di suoni e sfumature, una miscela adulta al punto  giusto ma anche fruibile al grande pubblico che, tradotto in illustri riferimenti,  è come immaginare un incrocio tra Le Orme, Franco Battiato e più in generale il  rock progressivo italiano, di fatto le influenze più determinanti per Randone.
Le liriche sono pregne di sofferenza e raccontano  di una costante ricerca e comprensione dei motivi che hanno causato la fine di  una storia d’amore importante; un percorso interiore profondo che  inevitabilmente condiziona anche l’umore della musica, spesso triste, ma a  tratti anche decisa e talvolta sognante. 
Anche la “verbosità eccessiva” che gli avevo  addebitato in passato si è smorzata; qui musica e parole non fanno più a  cazzotti e si completano in armonia.
Non c’è più tempo per entrare nei dettagli dei  singoli brani, ma una menzione speciale va attribuita al meraviglioso blocco  iniziale, con lo splendido “Prologo”, la coinvolgente “Differenze” e la  sognante “Promesse”, quest'ultima con un  finale da brividi lungo la schiena. Complessivamente il caro vecchio ed ipotetico lato A è più  efficace ed ispirato del lato B.
Chissà che questo disco abbia il potere di far  varcare a Nicola Randone quell’immaginaria linea di confine che separa lo status di  artista di nicchia da quello di artista affermato e seguito da folle più numerose.  I numeri li avrebbe … 
  
  Luca 
    Alberici
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