PHIDEAUX
SNOWTORCH (2011)

USA
GENRE: PROG
LABEL: BLOODFISH
WEBSITE: Official Site
REVIEWED: 2011 JULY 16TH
RATING: 95 /100

 

 
Ogni volta che Phideaux annuncia l’uscita di un nuovo disco, la curiosità è capire quanto dell’ormai esiguo margine di miglioramento riuscirà a rosicchiare  oppure se il sorprendente stato di ispirazione comincerà a dare segnali di flessione.
“Snowtorch” viene pubblicato quasi inaspettatamente dopo che qualche mese prima era stata annunciata l’uscita di una sorta di prosecuzione di “Number Seven” e che nelle intenzioni avrebbe dovuto chiamarsi “7 ½”.
Che dire di “Snowtorch” e della curiosità che ne ha anticipato l’uscita ? Niente che non abbia già detto a commento dei precedenti dischi. A costo di apparire noioso devo ribadire la mia incommensurabile ammirazione per un artista capace non solo di confermare il livello raggiunto in precedenza ma di rendere il tutto ancor più perfetto.
Questa volta Phideaux si cimenta in due lunghe suites e sappiamo quanto questo sia difficile se si considerano le lunghe composizioni non come tanti brani incollati insieme ma come entità omogenee con un filo conduttore comune.
Bene, la dimostrazione data in questo disco non è solo quella di aver iniettato nuove ed eccitanti ispirazioni tradotte in musica, ma anche di conoscere alla perfezione la maniera migliore di assemblare un brano, lungo o corto che sia. Prendete i primi 9-10 minuti di “Snowtorch Part 1”: vi sembra possibile girare attorno allo stesso tema, seppur in crescendo di intensità e strumentazione, senza dare a chi ascolta la sensazione di averlo fatto ? Per me è da “manuale dei giovani compositori”.
La statura delle due suites è testimoniata anche dalla diversità stilistica messa in campo: la prima più sinfonica, con le voci di Phideaux e Valerie Gracious  ed il pianoforte sempre presenti, mentre la seconda, nella sua prima metà, abbandona le parti vocali per dare più spazio alle evoluzioni strumentali con una maggiore componente psichedelica che si affianca al consueto trademark sinfonico. Nella seconda metà viene ripreso il tema della prima suite ma con ritmi e timbri differenti. Se devo scegliere la migliore tra le due, punto decisamente sulla prima ma non per demeriti della seconda, piuttosto perché la prima raggiunge livelli di armonia e perfezione che non incontravo da molto tempo.
Da segnalare anche che il detto “squadra vincente non si cambia” è stato rispettato ed infatti la line-up è stata confermata:  mancava forse solo il sax nella complessa e variegata orchestrazione che da 3 dischi a questa parte accompagna gli strumenti cardine del gruppo ed ecco quindi che Chris Bleth si è unito alla squadra.
Giunto al termine di queste righe, mi rendo conto di quanto superfluo sia spiegare più o meno nel dettaglio le ragioni di un altro capolavoro sfiorato di progressive rock sinfonico, quando basterebbe, con poche parole, invitare caldamente a farsi un favore personale ed acquistare il miglior disco del 2011 di uno degli artisti oggettivamente più ispirati degli ultimi anni. Luca Alberici

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