"Niente fretta,
mi raccomando !!" mi sono imposto dopo i primi 3 ascolti del nuovo
cd dei Pendragon, anche perché la prima impressione che ne ho tratto mi
ha indotto a commenti del tipo "Mah, i soliti Pendragon" ed ho
quindi preferito concedermi qualche giorno in più prima di scrivere queste
righe per il timore di stroncare in modo affrettato una delle migliori espressioni
del neo prog rock britannico. Giunto poi al quindicesimo ascolto,
non ho volutamente dimenticato l'impressione negativa iniziale ma ho anche
trovato diversi punti di forza.
L’inizio è affidato
a "If I Were The Wind.." con il solito bellissimo intro di tastiere
e chitarra: grande apertura in chiave molto malinconica. "Not
Of This World" inizia con una cavalcata in perfetto stile Pendragon,
con Nolan e Barrett che duettano in perfetta armonia e si conclude con la
parte 3 ("Green Eyed Angel") molto lenta e cadenzata dalla chitarra
acustica di Nick.
"A Man Of Nomadic
Traits" è strutturalmente molto affine al materiale di "The World",
con diversi cambiamenti di ritmo ed un finale in grande crescendo.
Il problema non è la
qualità dei singoli brani, tutti al di sopra della media e senza cedimenti
di rilievo, ma l’album nella sua globalità. Manca il grande brano, la locomotiva..insomma
l’elemento caratterizzante come "Paintbox" era per "TMO"
e "Nostradamus" per "TWOL". Mi sembrano prigionieri
del loro sound, non sono riusciti ad evolversi nel corso degli anni, per
cui il prodotto finale risulta troppo prevedibile. In "World's End"
viene ripreso il tema dell'introduzione e sviluppato in modo egregio: ne
esce una song in stile "Am I Really Losing.." molto bella ed intensa.
L'album si chiude come meglio non poteva fare con due versioni acustiche
di due splendide canzoni come "Paint Box" e "King Of The
Castle": maiuscole.
Insomma è un album
che farà certamente la felicità di tutti coloro che ancora non hanno avuto
l'opportunità di ascoltare i Pendragon, chi invece li conosce da tempo non
può stroncarlo impietosamente, ma neanche esaltarlo troppo.