Se "Arkangel"
era piaciuto a pochi, sottoscritto compreso , ci pensa questo nuovo cd a
risollevare le quotazioni di John Wetton. Determinante nella rinascita è
stato però l’aiuto e la collaborazione di artisti del calibro di Jim Peterik,
Jim Vallance, John Mitchell, Martin Orford ed altri. L’album dura solo 39’
(intermezzi strumentali ed intros compresi) ed è obiettivamente una durata
anacronistica vista la scarsa economicità dei cd, anche se spesso si rivela
un vantaggio per l’economia dell’album (vale la regola: minore durata, minor
numero di canzoni da buttar via).
Il cd inizia bene con
"Heart Of Darkness", un mid-tempo dalle linee melodiche fluide
ed ariose, ma con un refrain troppo simile a "Burning Heart" dei
Survivor. La successiva "Say It Ain’t So", molto "alla Asia"
nella struttura, non mi convince, è troppo banale e poco attraente, mentre
con "No Ordinary Miracle", una ballad molto simile alla mitica
"Hold Me Now", la media si rialza. Dopo le atmosfere new age di
"Escape" (ha il ruolo di riempitivo per dividere in due parti
l’album?) parte la grandissima "Another Twist Of The Knife" una
rock song molto avvincente con un eccitante lavoro di chitarra solista:
difficile stare fermi mentre la si ascolta. Peccato che alla fine si rivelerà
l’unico vero brano di altissimo livello dell’intero lavoro. Le danze vengono
poi chiuse senza fuochi artificiali con "Second Best" e "Real
World", gradevoli ma nulla di più.
Insomma, siamo lontani
dalla quasi eccellenza di "Battle Lines" ma certamente "Sinister"
ci restituisce un John Wetton di nuovo protagonista.