Ho conosciuto i Gazpacho
agli albori della loro carriera, quando, per far circolare il loro nome
il più possibile, distribuivano ai loro concerti un mini-cd intitolato
"Get It While It's Cold" come un free gagdet qualsiasi. Ricordo
che quel cd conteneva una manciata di brani molto promettenti, una dimostrazione
molto eloquente delle velleità artistiche della band norvegese che,
già dalla scelta del nome, aveva messo in chiaro a quale gruppo conosciuto
intendeva ispirarsi.
Cosi è stato: le promesse e le velleità si sono trasformate
in piacevoli conferme, anche discografiche; gli anni sono passati e dopo
due buoni dischi autoprodotti, ora si ritrovano con un terzo disco ed un
contratto discografico firmato proprio per la stessa etichetta dei Marillion,
tanto che di questi sono stati proprio il gruppo di supporto nel recente
tour di Marbles.
Ma veniamo al nuovo disco: non si può certo negare che "Firebird"
sia un buon lavoro, molto melodico, ben suonato, elegante nonché
pesantemente debitore nei confronti della più recente produzione
di casa Marillion, ma con una tendenza più orientata al pop commerciale.
Tutte le undici tracce scorrono in maniera fluida, prediligendo le atmosfere
più quiete e rilassate che fanno da sfondo alle sempre efficaci melodie
vocali di Jan H. Ohme, peraltro dotato di un ottimo timbro e di una discreta
capacità interpretativa.
Non sorprende quindi che i brani più convincenti siano proprio quelli
forniti del ritornello più efficace ed emozionante, come è
il caso di "Vulture", "Orion I" e della title-track.
Le melodie dolci e rassicuranti solo talvolta vengono inframmezzate da tentativi
appena accennati di donare più sostanza e varietà ai brani:
troviamo gli esempi più chiari in "Orion II" e nella successiva
"Prisoner".
Quindi, direi che i principali limiti di questo disco sembrano proprio essere
la sua eccessiva dipendenza dalla melodia vocale e la sua povertà
di contenuti musicali o quantomeno di quelle divagazioni strumentali che
così tanto aggradano il pubblico new-prog. Oltretutto è il
caso di segnalare che "Firebird" è un disco completamente
privo di assoli di chitarra, con l'unica eccezione presente in "Do
You Know What You are Saying?", dove però è l'iilustre
ospite Steve Rothery a colmare il vuoto con il suo stile inconfondibile.
Un disco che, nonostante tutto, non delude e consente di trascorrere tre
quarti d'ora di disimpegnato ma piacevole ascolto.
I knew Gazpacho's music
since the beginning of their career in music business. It was about 2002
when they distributed their Ep "Get It While It's Cold" for free
and I remember it featured a couple of promising and nice tracks.
Well, I must say these norwegian guys kept the good promises and after others
two self-produced cd's they finally caught a record deal with Intact, the
same label of the band they clearly take inspiration from: Marillion.
I think nobody can deny "Firebird" is a good work, very melodic,
well-played, stylish and, of course, heavily owed Marillion's style. All
the eleven tracks flows very well, preferring the quiet and relaxed atmospheres
in the foreground and the effective choruses by Jan H. Ohme, a really good
singer.
So It's not strange that the most appealing tracks are just those with the
most catching vocal melodies: "Vulture", "Orion I" and
"Firebird" are fine examples of inspired but a little too easy
compositions. Only sometimes the band tries to go beyond the symphonic pop
song formula: two examples are "Orion II" and "Prisoner",
two more ambitious songs where you find more attention to the instrumental
themes.
The proof that "Firebird" is an album too much chorus-oriented,
with few musical research, is the lack of guitar solos throughout , except
the wonderful guitar solo inside "Do You Know What You are Saying?",
played by the guest Steve Rothery with his unmistakable style.
Despite of the mentioned faults, "Firebird" is overall an album
that won't disappoint anyone who likes mellow and atmospheric neo-prog music.