Ficcatevi in testa
questo nome: Eclat !!! Lo dico perché questi francesi di Marsiglia sono
gli illuminati autori di un album seriamente candidato al podio come migliore
uscita del 2002, in compagnia di "Cruzaid" degli Artsruni. Pur
essendo attivi dal 1993 ed avendo raggiunto il quarto album non ho mai avuto
modo di ascoltarli in precedenza per cui rappresentano un'assoluta novità
per me. Se la qualità dei primi album fosse anche solo pari a quanto ascoltato
in "Le cri de la terre" avrò certamente di che rallegrarmi nel
colmare la mia lacuna.
Tuttavia vi assicuro
che quest’ultima fatica non mi è affatto piaciuta subito, ho avuto bisogno
di un paio di assaggi di rodaggio per entrare in sintonia con la miscela
sonora molto particolare preparata e servita dagli Eclat: una sapiente infusione
di prog e jazz leggermente pesata a favore di quest’ultimo, molto sofisticata
e lontana dalla prolissità in cui altre band sembrano cadere volutamente.
Per chiarire meglio il concetto, potrei dire che gli Eclat riescono a soddisfare
tutti coloro che non rinunciano alla complessità strutturale della musica
ma vi cercano una melodicità e fluidità più marcata. Ed allora ascoltate
l’iniziale title track che parte con una ritmica di chitarra vicina ai primi
Arena per trasformarsi ed assumere nel giro di qualche secondo connotati
decisamente più originali e meno commerciali.
E’ unico il modo con
cui gli Eclat riescono a mettere d’accordo i rigidi dettami del jazz ed
il senso melodico del prog. Splendida "Eternite", il brano forse
di più facile presa con un susseguirsi di riff di chitarra molto rock inseriti
su un tappeto prog dalle maglie fitte, un sound che in questo brano mi ha
ricordato gli ultimi Pallas.
I veri protagonisti
sono senz’altro Thierry Masse con il suo esuberante pianoforte e le morbide
keys e Alain Chiarazzo con la sua chitarra sempre in primo piano. Ma anche
gli altri componenti del gruppo non scherzano.
Ci sono solo 2 difetti:
"Le vie du sonara" che è l'unico brano cantato (in francese)
anche se la colpa non è solo da ricercarsi nelle non eccelse qualità vocali
di Alain Chiarazzo. Il secondo difetto è un generalizzato calo di rendimento
ed ispirazione nella seconda parte del cd.
Sul mercato ci sono
album simili a questo e griffati da nomi anche più quotati che sono mattoni
duri da digerire. No, non vi preoccupate, non è il caso di "Le cri
de la terre", che invece scorre via dall’inizio alla fine con molta
semplicità , complice anche la durata contenuta di ciascun brano ed una
totale sotto i 43 minuti.
Eclat
from Marseille is a wonderful last-minute discovery for me, they have been
in the music scene since 1993 and "Le cri de la terre" is their
fourth album. The fine Alain Chiarazzo guitarplaying, very close to John
Mitchell (Arena), gives a prog-rock shape to the songs while the exuberant
piano passages of Thierry Masse give a jazz touch . The result is an exciting
mixture of a never boring prog-jazz and a more classic-symphonic rock. There’s
only one weak song, "La vie du sonara" that is also the only non
instrumental song (maybe it’s an experiment for the future?) but the rest
is absolutely stunning: "Eternite" and "La porte" are
only few examples of great prog-jazz music you can listen in this album.
Stick
the name Eclat on your mind and if you find "Le cri de la terre"
at your favouirite music store, please don’t hesitate ‘cause your girlfriends/boyfriends
can wait for a new gift any longer.
Together
with last Artsruni album it’s the best 2002 release at the moment.