I Dream Theater appartengono
di diritto a quella schiera di artisti verso cui si nutre un incondizionato
rispetto per la comprovata abilità dei musicisti e per la moltitudine di
consensi che sono riusciti ad ottenere nel corso della loro carriera. Ai
loro lavori solitamente si concede un ascolto più attento ed approfondito
e gli si perdonano senza troppa fatica anche delle indesiderate cadute di
tono. Tuttavia, non mi sono fatto condizionare allorché ho liquidato con
poche righe e con toni negativi il loro precedente "Scenes From a Memory".
Mi sono avvicinato
a questo nuovo doppio cd con lo stesso rispetto misto a soggezione che si
usa al cospetto di band così quotate, ma anche con immutata franchezza e
libertà. Diciamolo subito: "Six Degrees ..." è un deciso passo
avanti rispetto al suo predecessore, poiché riesce nell’intento di accontentare
e mettere d’accordo tutti i fans della band americana, ovvero coloro che
li preferiscono più melodici e semplici ma anche tutti gli affezionati del
prog più pesante ed arzigogolato. E’ anche coraggioso, perché la scelta
di raggiungere i 96 minuti di musica totali di solito rischia di rivelarsi
un arma a doppio taglio.
Il primo cd inizia
con "The Glass Prison" che dopo un’introduzione incoraggiante
rischia poi di frantumarsi sotto il peso dei decibel e del metallo che sprigiona:
è probabilmente il brano più heavy mai scritto dalla band con James LaBrie
che addirittura rievoca il James Hetfield più incazzato. Come inizio non
ci siamo proprio, ma il vero problema è che più o meno tutto il primo dischetto
è dominato da queste cascate di acidità e durezza (ben eseguite, per carità)
. Non è quindi un caso che riesca a salvare esclusivamente episodi come
"Misunderstood" e la dolcissima "Disappear" che ci restituisce
il vero LaBrie in tutto il suo splendore. Il resto può essere skippato senza
remore.
Il secondo cd si dipana
attraverso la sola e lunga title track suddivisa in 8 capitoli per un totale
di 42 minuti. "Grazie di esistere", è proprio il caso di dire.
Non è propriamente tutta un’altra musica rispetto alla prima parte ma è
ciò che realmente io pretendo di ascoltare dai Dream Theater: sapiente costruzione
del brano, inventiva, maggiore orchestrazione e tanta melodia, tutte caratteristiche
che li riavvicinano ai tempi di "Awake" e di "Falling Into
Infinity" soprattutto.
E’ ascoltando perle
come "Overture" che sembra tratta da una colonna sonora di un
film Fantasy, "About To Crash", "Goodnight Kiss" e "Solitary
Shell" (e "Solsbury Hill" di Gabriel dove la mettiamo?) che
sancisco la netta superiorità del secondo cd sul primo e che mi consente
di mantenere immutato il profondo rispetto che nutro nei loro confronti.
Sono invece i DT di
"The Test That Stumped Them All" che proprio non sopporto.
Dream
Theater belong to a category of bands which everybody feel an unconditioned
respect for, because they’re musicians with a good skin and they have sold
thousands of records till now. I didn’t like the previous "Scenes From
A Memory" and I didn’t scare of telling you through my review.
First
of all I have to say "Six degrees.." is better than "Scenes
From A Memory", it’s a really step ahead. It’s a double cd (such a
brave choose) with a total timing of 96 minutes. It’s better because it
agrees themselves all Dream Theater fans: the ones who love heavy prog-metal
and the others (including me) who appreciate their more melodic side.
The
first cd starts badly with the heaviest song they’ve ever written: "The
Glass Prison" , a Metallican song with James LaBrie’s voice very close
to James Hetfield (??!!?). "Misunderstood" and "Disappear"
are the only songs I can save from it. Skip the rest with no hesitation.
The
second disc is made by the long title-track only and...yes !!! That’s I
wanna listen from DT: wise building of songs, more orchestration and tons
of melody. The highlights are "Overture", "About To Crash",
"Goodnight Kiss" and "Solitary Shell" (very similar
to "Solsbury Hill").
On
the contrary I hate Dream Theater playing in "The Test That Stumped
Them All".