I Clepsydra rappresentano
quanto di più professionale e di qualità la scena prog della Svizzera italiana
abbia mai prodotto. Con "Fears" hanno raggiunto l'obiettivo non
trascurabile del terzo album: se le loro prime due fatiche li avevano proiettati
alla ribalta della scena prog europea, con quest'ultima hanno raggiunto
la piena maturità, coincisa (sarà un caso ?) anche con una qualità compositiva
migliorata notevolmente.
Il suono gode di una
produzione e di arrangiamenti molto curati che enfatizzano positivamente
le trame musicali, anche se, diciamolo pure, i Clepsydra sono fortemente
influenzati da band come Arena, primi Marillion ed Iq più recenti ed evidenziano
a più riprese un certa mancanza di originalità: ciò non significa, però,
che non siano dei bravissimi rielaboratori ed esecutori. La lunghezza media
dei brani è superiore rispetto al passato, circa 6 minuti. Ogni singolo
brano è ben strutturato con un tema principale nel quale si intrecciano
umori e sfaccettature sempre diversi, come in "The Missing Spark"
che si distingue per il motivo trainante del brano, eseguito magistralmente
dal chitarrista Marco Cerulli che dimostra di avere assimilato alla perfezione
la lezione di prog heroes come Steve Rothery, Andy Latimer e David Gilmour.
Insieme a John Mitchell degli Arena e Uwe D'Rose dei Landmarq va considerato
come una delle realtà contemporanee più brillanti.
I miei brani preferiti
sono senza dubbio (oltre alla suddetta "T.M.S.") "Into My
Cartoon", "The Cloister", "The Nineteenth Hole"
e "Sweet Smelling Wood".
Se la qualità della
musica mantiene sempre attenta l'attenzione dell'ascoltatore, grazie a splendidi
passaggi strumentali molto melodici e ben costruiti, altrettanto non si
può dire della voce di Aluisio Maggini: pur essendo discretamente tecnica,
dotata ed abbastanza gradevole nel complesso, soffre tuttavia di una pronuncia
inglese non proprio oxfordiana ed è spesso troppo invadente. A tratti la
si potrebbe accostare (ma a debita distanza) a quella teatrale ed eclettica
del grande Damian Wilson.